Lo scarto di materiale d'archivio.
È l'operazione con cui vengono eliminati quei documenti che hanno esaurito la loro validità giuridica o amministrativa e che, allo stesso tempo, non sono considerati di rilevanza storica tale da renderne opportuna la conservazione illimitata. Tale eliminazione si rende necessaria per una ordinata tenuta dell'archivio che eviti l'accumulo di masse ingenti di documentazione effimera. Ma essa è anche un'operazione culturale mediante la quale si selezionano le fonti storiche che verranno utilizzate in futuro per conoscere il nostro presente.
Ogni soggetto pubblico deve dotarsi del piano di conservazione, come disposto dall'art. 68 del DPR 445/2000 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa). Lo strumento per effettuare correttamente lo scarto è costituito dal massimario di selezione o scarto. Il massimario, in stretta relazione con il titolario di classificazione, deve indicare per quanto tempo deve essere conservata ogni serie o tipologia di documenti, prodotta nel corso dell'attività di ciascun ente.
La funzione del massimario di scarto è quella di stabilire criteri e regole il più possibile oggettivi e di evitare il rischio di scelte non coerenti o arbitrarie nella fase di individuazione dei documenti da eliminare.
Sul sito della Direzione Generale Archivi, sono disponibili alcuni massimari di selezione, per archivi comunali, archivi scolastici e e archivi sanitari in particolare quello della Regione Lombardia.
Dato che l'identificazione della documentazione da scartare è un'operazione molto delicata e decisiva per la selezione delle fonti per la futura ricerca storica, essa deve essere affidata a personale dotato di solide competenze archivistiche.
Lo scarto di materiale librario
Con l’espressione “scarto bibliografico” si intende una fase delicata e necessaria del processo di gestione e sviluppo delle collezioni librarie di una biblioteca, affinché questa risponda efficacemente ai diversi e complessi bisogni dell’utente, tra i quali: studio, ricerca, lettura, insegnamento, formazione, alfabetizzazione.
Tale fase individua il materiale bibliografico da eliminare, tra quello deteriorato in misura tale da renderne impossibile la fruizione, e che sia presente in almeno una copia sostitutiva (anastatica, in fotoriproduzione o digitale, ed è fondamentale la collaborazione attiva di quanti propongono lo scarto della risorsa nel ricercare altri esemplari dell’opera sul territorio regionale o almeno nazionale), e che sia incoerente con la mission e le collezioni stesse della biblioteca.
Oggi ogni discorso che si soffermi sulla tutela dei beni bibliografici non statali italiani si confronta con le competenze delle Soprintendenze archivistiche e bibliografiche introdotte nel 2015 con la Legge n. 125, i cui compiti in materia di beni librari sono stati ripresi e confermati dal DM 44 del 2016 (art. 5).
Tra i procedimenti attraverso i quali si esplica l’attività di tutela delle Soprintendenze archivistiche e bibliografiche, il D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) indica l’autorizzazione allo scarto di materiale bibliografico da parte delle biblioteche pubbliche (della Regione, delle Province e dei Comuni, delle Aziende sanitarie, quelle scolastiche e universitarie e tutte le altre biblioteche di proprietà di enti pubblici, territoriali e non) e delle biblioteche private per le quali sia intervenuta la dichiarazione ai sensi dell’articolo 13 (d.lgs. 42/2004, art. 21, comma 1, lettera d).